Collaboratore medico ospedaliero?

Collaboratore medico ospedaliero?

Hai diritto alla qualifica dirigenziale

In due parole

Il nostro studio ha ottenuto un’altra importante vittoria nei confronti dell’Azienda Sanitaria Unica Marchigiana riuscendo a fare ottenere la qualifica dirigenziale e tutte le differenze stipendiali e contributive ad un medico che aveva lavorato per anni in regime di collaborazione. Il Tribunale di Ancona ha riconosciuto la natura subordinata del rapporto e parificato gli stipendi a quelli di un dirigente medico.
Per chi volesse saperne di più invitiamo a leggere l’articolo per intero.

Premessa

Nel mese di settembre 2022 avevamo pubblicato un articolo (Contratto di collaborazione medico ospedaliero - Riconoscimento rapporto di lavoro subordinato dirigenziale e parificazione stipendiale) nel quale descrivevamo il caso di una medico ospedaliero assunto in regime di collaborazione il quale aveva promosso ricorso dinanzi al Tribunale di Ancona per vedersi riconosciuto il rapporto di lavoro subordinato dirigenziale e le conseguenti differenze retributive.

Il Tribunale di Ancona aveva riconosciuto la natura subordinata del rapporto senza effettuare alcuna attività istruttoria, in particolare senza neppure dare ingresso alla prova orale richiesta da entrambe le Parti, sul presupposto che dall’esame stesso dei singoli contratti se ne potesse evincere l’illegittimità.

La sentenza, per quanto assolutamente favorevole al medico, lasciava però aspetti irrisolti: la natura subordinata del rapporto sarebbe emersa anche in sede di prova testimoniale? 

Nell’articolo del settembre 2022 avevamo riportato che eravamo in attesa di ulteriori decisioni da parte del Tribunale di Ancona, in causa analoghe affidate ad altri giudici i quali, però, avevano dato ingresso alle prove per testi volte a dimostrare che il rapporto di lavoro si era svolto con le modalità tipiche del lavoro subordinato, disciplinato dal CCNL dell’Area della Dirigenza Sanitaria. 

Tribunale Ancona. Ulteriore sentenza favorevole 

Ebbene, con sentenza n. 19/2023 il Tribunale di Ancona, dopo avere espletato una accurata istruttoria orale, ritenuta l’illegittimità dei contratti di collaborazione di un medico ospedaliero, ha accolto la domanda di pagamento delle differenze retributive pari a quelle che sarebbero state dovute in caso di corretta instaurazione di rapporto di lavoro subordinato.

Il Tribunale di Ancona ha anche applicato una recente pronuncia della Suprema Corte di Cassazione n. 35676 del 19 novembre 2021, che afferma che, in tema di pubblico impiego contrattualizzato, nell’ipotesi di contratto di lavoro formalmente autonomo del quale sia successivamente accertata la natura subordinata, la prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto, attesa la mancanza di ogni aspettativa del lavoratore alla stabilità dell’impiego e la conseguente non configurabilità di un “metus” in ordine alla mancata continuazione del rapporto suscettibile di tutela.

La sentenza n. 19/2023 dà atto che “la normativa vigente all’epoca dei fatti, ossia all’epoca della stipula dei contratti di collaborazione, prevedeva (art. 7 co. 6 D.lgs. 165/2001) che le amministrazioni pubbliche potessero conferire, per esigenze cui non potevano far fronte con personale in servizio, incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità: 

“a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente; 

b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno; 

c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata; non è ammesso il rinnovo; l’eventuale proroga dell’incarico originario e’ consentita, in via eccezionale, al solo fine di completare il progetto e per ritardi non imputabili al collaboratore, ferma restando la misura del compenso pattuito in sede di affidamento dell’incarico; 

d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”. 

La norma specificava, inoltre, che “Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti” e che “Si applicano le disposizioni previste dall’articolo 36, comma 3, del presente decreto e, in caso di violazione delle disposizioni di cui al presente comma, fermo restando il divieto di costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, si applica quanto previsto dal citato articolo 36, comma 5-quater.”.”

Ebbene, nel caso di specie, il progetto a cui era finalizzata l’assunzione della ricorrente consisteva in “attività di medicina legale ed esecuzione visite di controllo domiciliari ex art. 71 comma 3 Legge n. 133/2008”. 

“Come riferito dai testimoni, “oggetto del contratto a progetto erano principalmente le visite fiscale e le visite necroscopiche in quanto i dipendenti strutturati non erano sufficienti a coprire tutte le richieste”, sicché si trattava, all’evidenza, di attività ordinaria del servizio di medicina legale e non di attività riconducibile ad un apposito “progetto”, termine che di per sé non può che indicare un’attività eccezionale e temporanea, seppure, sicuramente, afferente alle finalità del servizio pubblico. D’altronde, il fatto stesso che l’attività del ricorrente si sia protratta, sostanzialmente con le medesime modalità e contenuto, per oltre sette anni è indice della natura permanente del fabbisogno della p.a. e dello “svolgimento di funzioni ordinarie”, vietato dal citato art. 7. 

Deve, pertanto, ritenersi, innanzitutto, che il contratto sia stato stipulato in violazione dei limiti imposti dalla legge. 

In aggiunta a ciò, deve rilevarsi come l’istruttoria svolta abbia permesso di ritenere provato anche l’elemento della subordinazione, sulla base di una serie dì indici sintomatici, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, lo svolgimento di un’attività che prevedeva l’osservanza di un orario di lavoro e modalità di compenso a scadenza fissa (v. Cass. 28162/2018, 14434/2015). 

Dalle risultanze istruttorie, infatti, emerge che il medico fosse stabilmente e concretamente inserito nell’organizzazione della struttura ed abbia svolto mansioni del tutto simili a quelle dei colleghi assunti con contratto di lavoro subordinato. 

Decisive in questo senso risultano le dichiarazioni rese dai testimoni “[…] Se mancava il badge compilavamo un foglio con gli orari di entrata ed uscita firmata dal nostro dirigente […]”, circostanza che evidenzia la natura di strumento di controllo del badge. 

Risulta che il medico fosse concretamente e stabilmente inserito nell’organizzazione della struttura anche sotto il punto di vista delle turnazioni e degli orari.

Quanto alla sua posizione rispetto ai colleghi assunti con contratto di lavoro subordinato, e più specificamente alla domanda se fosse inserito nel turno assieme a questi ultimi, il teste ha affermato: “Posso dire che svolgeva prestazioni come gli altri medici dipendenti, lui però svolgeva la sua attività su più sedi ed a più ampio raggio mentre i colleghi strutturati hanno una sola sede di assegnazione ed appartenenza ognuna con un responsabile di UOS;”. 

Ancora, alla domanda se l’azienda organizzasse la prestazione lavorativa del ricorrente in maniera indifferente rispetto agli altri dipendenti, il teste rispondeva affermativamente, confermando nuovamente la sostanziale omogeneità nella gestione e nella direzione del personale. 

Il Tribunale ha dunque condannato l’Azienda Sanitaria a pagare le differenze stipendiali e di TFR maturate con il limite della prescrizione quinquennale. L’Azienda sanitaria dovrà anche regolarizzare la posizione contributiva del dirigente medico presso l’INPS, con un indubbio vantaggio pensionistico.

pubblicato il
6 febbraio 2023

di Diomede Pantaleoni