Utilizzi una piattaforma estera per il trading online?

Utilizzi una piattaforma estera per il trading online?

Non hai diritto al risarcimento

In due parole 

Attenzione ad utilizzare le piattaforme di trading on line: nel caso in cui vuoi richiedere il risarcimento dei danni attraverso l’Arbitro per le controversie finanziarie lo puoi fare solo se hai agito attaaverso la succursale Italiana. 

Per chi volesse saperne di più invitiamo a leggere l’articolo per intero.

Premessa

E’ sempre più frequente l’utilizzo di piattaforme estere di trading on line da parte di investitori Italiani, complice forse anche la pubblicità martellante e aggressiva sia online che telefonica.

Dovrebbero investire tramite queste piattaforme solo soggetti con una solida esperienza in materia finanziaria oppure soggetti che investono cifre modeste rispetto alla loro capacità economica. Sovente si sottoscrivono investimenti senza  ricevere alcuna informazione. Per l’analisi di un caso concreto rimandiamo al nostro articolo “Trading online: l’intermediario risponde dei danni da difetto informativo”.

Limiti al ricorso all’ACF contro intermediario estero

Affrontiamo oggi l’ipotesi di sottoscrizione del contratto per la prestazione dei servizi d’investimento con un intermediario di diritto estero senza un ruolo espresso da parte della sua succursale italiana. E ciò nell’ambito di una richiesta di risarcimento danni formulata all’Arbitro per le controversie finanziarie.

In questi casi va valutata la competenza del collegio ACF a conoscere della controversia, considerato lo status del convenuto, impresa di investimento comunitaria con succursale in Italia e per questo aderente al “sistema ACF”, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 32-ter, 1 co. del Tuf e dell’art. 2, comma 1, lett. h), del Regolamento ACF n. 19602/2016. 

A questo proposito va osservato che la normativa prevede, quale presupposto su cui si fonda l’obbligo di adesione all’ACF, che si tratti di soggetto su cui “la Consob eserciti la propria attività di vigilanza”. Il regolamento ACF, ai fini dell’individuazione degli intermediari rilevanti, rinvia fra l’altro ai soggetti abilitati di cui all’art. 1, comma 1, lett. r), del TUF, ivi comprese dunque le imprese d’investimento comunitarie che operano in Italia mediante una propria succursale. 

Le imprese d’investimento comunitarie possono, tuttavia, prestare nel paese ospitante servizi di investimento sia per il tramite della propria succursale, sia in libera prestazione di servizi rimanendo, per quest’ultima operatività, assoggettata alla vigilanza del paese di origine. 

Non di rado accade che non si è in grado di specificare e fornire evidenze su quale sia stato il servizio o i servizi d’investimento negli anni prestati dall’Intermediario, né se il rapporto contrattuale sia stata instaurato tramite la succursale italiana ovvero direttamente con la sola casa madre, né che sia stata la succursale italiana, in luogo della casa madre, a prestare servizi di investimento nei confronti dell’investitore. 

In questi casi i collegi ACF non possono che ritenere che il rapporto di gestione sia riconducibile alla sola casa madre con l’effetto che “per la prestazione del servizio di gestione di portafogli l’odierno convenuto non può che ritenersi soggetto alla (sola) vigilanza di cui al Paese di origine, come d’altronde indirettamente ricavabile anche dalla documentazione in atti e, in particolare, dal contratto allegato dal Ricorrente, concluso direttamente con la casa madre, senza alcuna menzione o previsto coinvolgimento operativo della succursale operante sul territorio nazionale ma, anzi, con la espressa previsione che ogni questione riferita al contratto sarebbe stata devoluta all’esame del giudice del Paese d’origine dell’Intermediario” con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Percorso alternativo

Dichiarata l’inammissibilità del ricorso da parte del Collegio ACF rimane ovviamente la possibilità di rivolgersi al Tribunale che non soggiace ai limiti di competenza propri dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie.

Ovvio che in tal caso vanno valutati bene i costi rispetto alla possibilità concreta non tanto di vincere la causa ma di vedersi restituita la somma perduta. Mettere in esecuzione una sentenza nei confronti di un intermediario con sede in paesi esteri non è agevole, se non impossibile nel caso in cui si tratti di paradisi fiscali.https://diomedepantaleoni.it/