Polizze united linked: come ottenere il risarcimento

Polizze united linked: come ottenere il risarcimento

Polizza La Signature Bond Plus Corte Appello Ancona sentenza n. 68/2023

In due parole

Il nostro studio ha ottenuto un’ulteriore importante vittoria consentendo ad un risparmiatore di recuperare l’intera somma perduta in una polizza united linked denominata La Signature Bond Plus.

Dopo avere investito un’ingente somma in una polizza che riteneva sicura, ha scoperto di avere perso tutto il capitale investito.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Ancona hanno dichiarato nulla la polizza, ordinando di risarcire il nostro Cliente.

Per chi volesse saperne di più invitiamo a leggere l’articolo per intero.

Polizza La Signature Bond Plus Corte Appello Ancona sentenza n. 68/2023

Premessa 

Affrontiamo nuovamente l’argomento delle polizze unit linked o index linked, la cui prestazione è legata ai fondi nei quali i premi vengono investiti o all’andamento di un indice azionario o obbligazionario. Ne abbiamo già trattato nell’articolo “La vicenda delle Polizze Go Global Opportunity e Global Quality Selection”.

Il contenzioso in materia è vastissimo ed ha coinvolto anche la Corte di Cassazione la quale con sentenza n. 6319/2019 aveva stabilito la nullità di queste polizze nel caso in cui il contratto non preveda la copertura del cosiddetto “rischio demografico”. Rimandiamo alla lettura del nostro articolo “Polizze assicurative linked. Riflessi sui processi in corso della sentenza della Corte di Cassazione n. 6319/2019”

Ci eravamo ripromessi di verificare l’applicazione del principio fissato dalla Corte di Cassazione da parte dei Tribunali e delle Corti d’Appello nel contenzioso in materia di polizze assicurative linked che lo Studio patrocina da diversi anni. 

Corte Appello Ancona sentenza n. 68/2023

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 68 del 10.1.2013, ha confermato l’ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del Tribunale di Macerata che aveva accolto la domanda di risarcimento del danno promossa da un nostro Cliente, sottoscrittore di una polizza unit linked che aveva perduto l’intero capitale. Il Tribunale aveva condannato l’intermediario assicurativo a risarcirlo dell’intero importo investito.

La società di intermediazione assicurativa aveva promosso appello chiedendo la riforma della sentenza. Ci siamo costituiti in giudizio a difesa del nostro assistito e abbiamo rappresentato alla Corte d’Appello, tra l’altro, che era intervenuta in materia la sentenza 6319/2019 della Suprema Corte di Cassazione.

La decisione della Corte d’Appello di Ancona è stata quella di confermare l’ordinanza del Tribunale in punto di nullità della polizza e diritto al risarcimento del danno.

Secondo la Corte d’Appello la polizza è nulla in quanto non era stato sottoscritto il contratto quadro, con ciò violandosi una precisa disposizione dell’art 23 del TUF.

Afferma la Corte di Ancona che l’art. 25 bis TUF nel suo primo comma, nella formulazione vigente con riguardo l’epoca di sottoscrizione della polizza, rende applicabili gli artt. 21 e 23 ai prodotti finanziari emessi da Imprese di Assicurazione (tra i quali, pacificamente, le polizze unit linked come quella in oggetto), a prescindere dal canale distributivo; il che risulta coerente con la finalità di garantire una maggior tutela al sottoscrittore di una polizza che presentasse caratteri di natura e contenuto finanziari: in altri termini, la tutela del sottoscrittore deriva dalla natura del prodotto collocato e non dalla qualifica del soggetto che fisicamente lo colloca (se direttamente l’assicurazione emittente, ovvero l’intermediario assicurativo, ovvero un broker o un agente), atteso che la qualificazione del soggetto collocatore non può determinare la sottrazione alla normativa di garanzia: la tutela può essere invocata ove la polizza assicurativa sottoscritta presenti contenuti anche finanziari, che esigono un obbligo informativo e di forma rafforzato, obbligo che grava sul collocatario, a prescindere dalla sua qualifica, per il contatto qualificato col cliente. 

Del resto dal corredo documentale prodotto dall’attore, odierno appellato, risulta che A1 LIFE si è inserita nella stipulazione della polizza per conto di Hansard Europe Limited qualificandosi come distributore/intermediario assicurativo autorizzato: tanto si legge nel timbro apposto al modulo di proposta, nel riquadro destinato al nome del distributore/Intermediario assicurativo autorizzato, depositato come doc1 dall’attore; parimenti stessa dicitura si legge nella parte del modulo destinato alla verifica dell’identità del sottoscrittore, recante la sottoscrizione del soggetto distributore/intermediario assicurativo autorizzato.

È quindi la A1 LIFE responsabile come intermediario che ha direttamente presentato il prodotto alll’appellato illustrandone le caratteristiche e acquisendone il consenso: va pertanto ritenuta la sua legittimazione attiva con riguardo alle dedotte violazioni degli artt. 21 e 23 TUF.

La polizza united liked oggetto di causa va infatti qualificata come prodotto finanziario emesso da impresa assicuratrice, e quindi soggetto alla disciplina degli artt. 21 e 23 TUF.

Secondo la Suprema Corte: “La previsione generale contenuta nell’art. 2 D.Lgs. 209/2005 in ordine alle polizze denominate “linked”, e cioè quelle nelle quali l’obbligazione principale dell’assicuratore è collegata al valore di organismi di investimento del risparmio o di fondi interni o comunque ad indici predeterminati di riferimento, non vale a far concludere apoditticamente per l’inclusione automatica di tali polizze nello schema legale (artt. 1882 –1895 c.c.) del contratto di assicurazione, la cui causa deve essere rinvenuta nel trasferimento del rischio dell’assicurato all’assicuratore, rischio che, a pena di nullità, deve esistere alla stipula del contratto. Rientrano senz’altro nella fattispecie tipica di cui all’articolo 1882 c.c. le polizze che operano la sostituzione della prestazione fissa dell’assicuratore con una variabile, agganciata a parametri di mercato, ma che mantengono comunque il rischio demografico; il tal caso, pur attuandosi un parziale trasferimento del rischio dell’assicuratore sull’assicurato in ordine al valore finale della prestazione, il contratto mantiene comunque una funzione assicurativa, individuabile quale causa concreta del contratto, secondo gli ordinari criteri ermeneutici.

E, al riguardo, deve richiamarsi l’orientamento di questa Corte secondo cui “in tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2005, n. 262 e del d.lgs. 29 dicembre 2006 n. 303, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall’assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi d’investimento interni o esterni all’assicuratore, rispetto alle quali, alla scadenza del contratto o al verificarsi dell’evento in esso dedotto, l’assicuratore sarà tenuto a corrispondere all’assicurato mediante una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze denominate unit linked), il giudice di merito, al fine di stabilire se l’impresa emittente, l’intermediario ed il promotore abbiamo violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall’art. 1337 cod. civ., deve interpretare il contratto, e tale interpretazione non è censurabile in sede di legittimità se congruamente logicamente motivata, al fine di stabilire se esso, al di là del “nomen iuris” attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore) oppure si concreti nell’investimento di uno strumento finanziario (in cui rischio di “performance” sia per intero addossato all’assicurato”) (cfr. Cass. 6061/2012)”. Aggiungeva inoltre che “preciso compito della Corte territoriale valutare l’entità della prestazione per verificare se la porzione causale del contratto ascrivibile al rischio assicurativo (ricondotto a quello demografico, trattandosi di una polizza vita) fosse stato effettivamente contemplato o se l’entità della prestazione garantita, a fronte del capitale versato, fosse talmente irrisoria da vanificare completamente l’equilibrio delle prestazioni”. (Cassazione civile, sez. III, 05/03/2019, n. 6319).

Dunque, secondo l’orientamento della Suprema Corte è compito del giudice di merito valutare caso per caso se il rischio allocato tra l’assicuratore e l’assicurato: se il rischio dovesse concentrarsi sull’assicurato, verrebbe a meno la natura assicurativa del contratto.

Nel caso di specie, appare indubbiamente prevalente la componente finanziaria.

E infatti, all’art. 1.1. rubricato “Oggetto del contratto” delle Condizioni generali (doc. n. 5 del fascicolo di parte convenuta in primo grado) è previsto: “la Signature Bond Plus è un prodotto finanziario-assicurativo che prevede la corresponsione di un capitale in caso di decesso dell’Assicurato, in conformità a quanto disposto nell’Articolo 7. Il valore della prestazione è collegato e determinato dal valore degli attivi che rappresentano la linea d’investimento del Fondo Personale. In ragione di tale collegamento e della natura oscillante del valore degli attivi che rappresentano la linea d’investimento del Fondo Personale, la Società non garantisce alcuna restituzione o rimborso dei premi investiti al momento dell’evento assicurato o del riscatto o del recesso ai sensi dell’Articolo 3.”

L’art. 7.2 prevede che “Il contratto può essere stipulato sulla vita di una o più persone assicurate. Nel caso il contratto venga stipulato sulla vita di un solo Assicurato, se questi ha meno di 75 anni dalla data di conclusione del contratto, al verificarsi dell’evento assicurato la società pagherà un capitale pari al 101% del valore degli attivi che rappresentano la linea d’investimento del Fondo Personale. Se, invece, l’Assicurato ha più di 75 anni dalla data di conclusione del contratto, la Società pagherà un capitale pari al 101% del valore di riscatto della polizza”.

Ritiene la Corte territoriale che, sebbene sia presente il c.d. rischio demografico dal citato art. 7.2, appare senza dubbio preponderante il rischio accollato dall’assicurato, vista la possibilità di perdere l’intero capitale investito e in considerazione del fatto che il grado di rischio della polizza veniva definito nella scheda di sintesi pari a “medio-alto”, ricadendo pertanto sul contraente il rischio della insolvenza della società emittente; in altri termini, il c.d. rischio di performance risulta interamente addossato all’assicurato. Al contrario, il rischio riferibile alla società assicuratrice appare quasi irrilevante, in quanto al momento della stipulazione del contratto l’appellato aveva 56 anni, considerato altresì che il premio riservato alla copertura dell’evento assicurato è pari al 101% del valore degli attivi che rappresentano la linea di investimento del fondo personale.

Conclusioni

L’orientamento della Corte d’Appello di Ancona lascia ottimisti sull’esito del contenzioso pendente dinanzi ai Tribunali delle Marche volti ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti alla perdita di liquidità delle polizze intermediate dalle società Health Italia Spa (già A1 Broker) e A1 Life Spa. 

La Corte d’Appello di Ancona ha trattenuto in decisione diverse cause identiche su appelli promossi dalle due aziende. Nei prossimi mesi dovrebbero trovare conferma altre decisioni emesse dai Tribunali Marchigiani, favorevoli ai sottoscrittori delle polizze.

Redatto e pubblicato da Avv. Diomede Pantaleoni il 16/01/2023