Hai investito in assenza della profilatura del rischio?

Hai investito in assenza della profilatura del rischio?

La banca deve risarcire

In due parole

Affrontiamo il caso deciso dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 32631/2022 che spiega come, senza la profilatura di rischio dell’investitore, la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni deve essere adempiuto considerando il rischio minimo,

Per chi volesse saperne di più invitiamo a leggere l’articolo per intero.

Premessa

Commentiamo oggi una recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 32631 del 4.11.2022 che si distingue per chiarezza espositiva e che pone alcuni punti fermi, assai utili nel contenzioso in materia di intermediazione finanziaria.

Oggetto del contendere sono le Obbligazioni Argentine.
Ebbene sì, a distanza di così tanti anni ancora il default Argentino occupa le aule di giustizia.

La banca Credito Emiliano Spa ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, che, in accoglimento dell’appello di un risparmiatore, l’aveva condannata al pagamento in favore di quest’ultimo della somma di euro 249.482,28, oltre interessi legali, a titolo di risarcimento dai danni da responsabilità contrattuale per inosservanza degli obblighi informativi prescritti a carico dell’intermediario, in relazione all’esecuzione di acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina.

La Corte di appello ha evidenziato, in particolare, che 

  • L’intermediario avrebbe dovuto valutare l’operazione come inadeguata e, dunque, procedere all’esecuzione della stessa solo dopo aver avvisato il cliente e da questi acquisito il relativo ordine scritto;

  • Ha, inoltre, ritenuto che sussistesse il nesso di causalità tra la condotta inadempiente della banca e il danno lamentato, che ha provveduto a quantificare detraendo dall’importo investito la somma ricavata dalla vendita del titolo e quella delle cedole riscosse

Ordinanza della Cassazione n. 32631/2022

Ha promosso ricorso in Cassazione la Banca sostenendo che la Corte d’Appello

  • Avrebbe errato allorché ha escluso che l’intermediario, nella raccolta delle informazioni relative ad operazioni di acquisto di titoli richieste dal cliente, potesse tenere conto esclusivamente delle dichiarazioni da questi già rese al medesimo intermediario con riferimento ad altri, precedenti, rapporti contrattuali e ritenuto che tali informazioni potessero essere utilizzate solo in via integrativa e sussidiaria rispetto a quelle fornite, ai sensi dell’art 28 TUF, al momento della stipula del contratto quadro;

  • Avrebbe errato per aver ritenuto che, nel caso in cui l’intermediario non richieda al cliente le informazioni di cui al predetto art. 28 TUF, sia tenuto ad assegnare a quest’ultimo un basso profilo di rischio

La Corte di Cassazione respinge entrambi i motivi, applicando un principio di diritto che si rivelerà senza dubbio utile nel contenzioso in materia, dato che la fattispecie che va a decidere è spesso oggetto di contenzioso.

Afferma la Suprema Corte che 

  • L’art. 21 comma 1 del D.Lgs. n. 58 del 1998 stabilisce che, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati (lett. a) e acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati (lett. b);

  • In attuazione di tale disposizione il Reg. Consob n. 11522 del 1998, applicabile ratione temporis al caso in esame, pone a carico dell’intermediario, obblighi informativi, attivi e passivi, preordinati al riequilibrio dell’asimmetria del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell’investitore, al fine di consentirgli una scelta realmente consapevole (cfr., in tema, Cass., ord., 11 novembre 2021, n. 33596; Cass., ord., 28 luglio 2020, n. 16126; Cass. 17 luglio 2020, n. 7905);

  • In particolare, è previsto che, al momento della conclusione del contratto quadro, l’intermediario autorizzato chieda all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio (art. 28, comma 1, lett. a) e consegni all’investitore il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari (art. 28, comma 1, lett. b);

  • Inoltre, prima dell’esecuzione della specifica operazione, deve fornire all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni di tale operazione, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento (art. 28, comma 2);

  • Infine, in presenza di una disposizione relativa a un’operazione non adeguata per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, è tenuto ad astenersi dall’esecuzione della stessa, a meno che, dopo aver informato l’investitore di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione, abbia successivamente ricevuto relativo ordine scritto ovvero, nel caso di ordini telefonici, registrato su nastro magnetico o su altro supporto equivalente, in cui sia fatto esplicito riferimento alle avvertenze ricevute (art. 29);

  • L’obbligo di informazione passiva previsto dall’art. 28, comma 1, lett. a), risponde alla know your customer rute, consistendo nell’acquisizione delle informazioni necessarie per l’apprezzamento del profilo di rischio proprio dell’investitore e la conseguente individuazione degli strumenti finanziari appropriati per tale investitore (cd. profilatura dell’investitore), ed è funzionale alla valutazione di adeguatezza delle singole operazioni che l’investitore intenderà porre in essere; 

  • Infatti, poichè ciascuna operazione di negoziazione può essere inadeguata tanto per tipologia ed oggetto, quanto per frequenza o dimensione, la valutazione di adeguatezza di un’operazione da parte dell’intermediario richiede necessariamente la preventiva acquisizione delle informazioni concernenti la situazione finanziaria dell’investitore e gli obiettivi che questi si prefigge con il ricorso agli strumenti finanziari;

  • A conferma dell’esistenza del collegamento funzionale tra la profilatura dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni, l’art. 29, comma 2, stabilisce che tale valutazione di adeguatezza è condotta dall’intermediario tenendo conto “delle informazioni di cui all’art. 28 e di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati”;

  • Diversamente, ma tendente al medesimo scopo di rendere l’investitore consapevole dell’oggetto, degli effetti e dei rischi insiti nella specifica operazione che intende porre in essere, gli obblighi di informazione attiva intendono offrire all’investitore medesimo i necessari elementi di informazione in ordine alle caratteristiche oggettive dello strumento finanziario individuato, al fine di permetterne una sua più informata valutazione in ordine all’opportunità di disporre una determinata operazione (sia mediante l’informazione generica contenuta nel documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari, sia mediante l’indicazione della natura, dei rischi e delle implicazioni della specifica operazione), e, quindi, di dare seguito o meno all’operazione medesima una volta ricevuta la eventuale motivata segnalazione di inadeguatezza dall’intermediario;

  • L’osservanza dell’obbligo di informazione passiva costituisce, dunque, un adempimento che deve necessariamente precedere l’esecuzione delle singole disposizioni dell’investitore, in quanto strumentale alla realizzazione dell’obiettivo regolatorio perseguito di segnalare all’investitore, in relazione alla sua accertata propensione al rischio, la non adeguatezza delle operazioni di investimento che si accinge a compiere e, in tal modo, di rendere effettivo il suo diritto ad una consapevole scelta di investimento;

  • La centralità di un siffatto obbligo è resa palese anche dal contenuto del secondo periodo dell’art. 28, comma 1, lett. a), il quale dispone che l’eventuale rifiuto di fornire le notizie richieste deve risultare dal singolo contratto di investimento ovvero da apposita dichiarazione sottoscritta dall’investitore;

  • Da tali assunti consegue che, come osservato dalla Corte di appello, il mancato adempimento dell’obbligo di richiesta di informazioni, al momento della conclusione del contratto quadro, in ordine alla esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari del cliente, alla sua situazione finanziaria, ai suoi obiettivi di investimento e alla sua propensione al rischio non può essere ovviato con l’acquisizione di tali informazioni mediante altri mezzi o, come invoca la ricorrente, in occasione della conclusione di contratti relativi ad altri servizi di investimento;

  • Ciò in quanto, indipendentemente da ogni considerazione in ordine all’idoneità allo scopo delle informazioni così acquisite, in relazione alla diversa epoca in cui le stesse vengono rese, la mancata acquisizione di informazioni dirette dall’investitore al momento della conclusione del contratto quadro si presenta potenzialmente idonea a dare luogo ad un deficit informativo rilevante ai fini della successiva corretta valutazione dell’adeguatezza della singola operazione disposta dal cliente, avuto riguardo al possibile minor grado di accuratezza delle altre informazioni disponibili, in relazione alla fonte e accuratezza delle stesse sotto il profilo contenutistico e temporale;

  • A tali fini, le “altre informazioni disponibili” acquisite dall’intermediario possono essere utilizzate solo in via integrativa e, dunque, non possono da sole essere poste a base della individuazione del profilo dell’investitore e, conseguentemente, elevate a parametro esclusivo della valutazione di adeguatezza dell’operazione.

Unica eccezione a tale principio deve ravvisarsi nel caso - non ricorrente nella specie - di rifiuto dell’investitore di fornire le informazioni richieste sui propri obiettivi di investimento e sulla propria propensione al rischio, atteso che, anche in tale evenienza, l’intermediario non è esonerato dall’obbligo di valutare l’adeguatezza dell’operazione di investimento, dovendo compiere quella valutazione in base ai principi generali di correttezza e trasparenza, tenendo conto di tutte le notizie di cui egli sia in possesso (cfr. Cass. 16 marzo 2016, n. 5250; Cass. 19 ottobre 2012, n. 18039);

  • La Corte, dunque, formula il seguente principio di diritto: “L’obbligo di acquisizione da parte dell’intermediario delle informazioni richieste dall’art. 28 Reg. Consob n. 11522 del 1998 al fine di determinare la profilatura di rischio dell’investitore e la valutazione di adeguatezza delle singole operazioni deve essere adempiuto al momento della conclusione del contratto quadro, non potendo essere sostituito da informazioni disponibili provenienti da altri rapporti contrattuali salvo il caso in cui l’investitore stesso si sia rifiutato di fornire le notizie richieste e tale rifiuto risulti dal contratto quadro ovvero da apposita dichiarazione scritta”.

La Suprema Corte affronta anche un argomento largamente dibattuto nelle aule di giustizia, concernente il fatto che l’investitore aveva dichiarato di prediligere investimenti ad alto rischio e aveva già acquistato e rivenduto titoli analoghi.

La Cassazione ha dichiarato tale motivo inammissibile, in quanto i fatti dedotti non sono concludenti rispetto al mancato assolvimento dell’obbligo di informazione passivo accertato dalla Corte di appello. In sostanza, non avendo raccolto dal cliente le informazioni utili a valutare l’adeguatezza dell’operazione richiesta dal cliente (c.d. obbligo di informazione passivo) è del tutto ininfluente che l’investitore abbia affermato di prediligere investimenti ad alto rischio ed abbia acquistato titoli simili.

pubblicato il
19 dicembre 2022

di Diomede Pantaleoni