Azioni emesse dalla Banca Popolare di Bari

Azioni emesse dalla Banca Popolare di Bari

Come fare per ottenere il risarcimento del danno

In due parole

Gli azionisti della Banca popolare di Bari hanno diritto ad ottenere il risarcimento dei danni da
perdita del valore dei loro investimenti e possono agire in giudizio nei confronti della Banca che
non ha fornito loro le corrette informazioni tacendone l’elevato rischio.
Per chi volesse saperne di più invitiamo a leggere l’articolo per intero.

Premessa

Secondo la definizione classica la illiquidità è la difficoltà di smobilizzo di un prodotto a condizioni di prezzo significative.

La difficoltà di smobilizzo è data dal fatto che l’emittente non è quotato su un mercato regolamentato e sovente vengono scambiati pochi o pochissimi titoli. 

Altro aspetto critico di questi prodotti è costituito dal fatto che il rating viene autoassegnato dall’emittente.

Il caso concreto

I prodotti illiquidi (azioni)  emessi da istituti bancari sono assurti agli onori della cronaca anche giudiziaria per i clamorosi casi di “fallimento” bancario che ha coinvolto  a cavallo degli anni 2015/2018 diversi istituti bancari. Alcune banche di piccole/medie dimensioni nel corso degli anni precedenti hanno emesso azioni (pensiamo alla Banca delle Marche) e le hanno vendute ai risparmiatori (per la gran parte correntisti della stessa banca). Attraverso una capillare pratica di convincimento ha di fatto impedito ai clienti di vendere le azioni ed anzi li hanno sollecitati, con pratiche rivelatesi fraudolente, ad incrementare il pacchetto azionario garantendo la sicurezza del prodotto sulla base di bilanci e di almeno un prospetto informativo (anno 2012) risultato falso quanto alla descrizione dello stato finanziario della banca e tale da ingenerare l’errore dell’azionista al momento dell’acquisto.

Il contenzioso che ha coinvolto gli azionisti ex Banca Marche è vastissimo e vede contrapposte le decisioni dell’Arbitro per le Controversie Finanziaria che tendenzialmente riconosce il diritto al risarcimento del danno ma le cui decisioni non sono esecutive (si veda il nostro articolo Il caso BIO-ON: rimedi per gli investitori) e le decisioni delle Autorità giudiziarie (Tribunali e Corti d’Appello) che tendenzialmente respingono le domande sul presupposto della carenza di legittimazione passiva della Nuova Banca Marche e a cascata di UBI Banca/Banca Intesa che le sono subentrate. Esito diverso stanno avendo i contenziosi aperti contro la società di revisione che aveva “certificato” il Prospetto informativo relativo all’ultimo aumento di capitale prima del default. Affronteremo l’argomento in altri articoli dato che il contenzioso che stiamo gestendo è ancora in corso. 

Traiamo invece lo spunto da alcune recenti decisioni dell’ACF riguardanti le azioni illiquide emesse dalla Banca Popolare di Bari (le decisioni favorevoli agli azionisti si susseguono in gran numero) per verificare come gli Arbitri risolvono la questione. Anche i Tribunali accolgono le domande dei risparmiatori contro Banca Popolare di Bari.

Con l’entrata in vigore della Direttiva 2014/65/UE (MIFID2) e del Regolamento UE n. 600/2014 (MIFIR) sono state introdotti ulteriori obblighi informativi a carico degli intermediari a protezione dei sottoscrittori di prodotti illiquidi. In linea teorica dovrebbe oggi essere più difficile che si ripresentino casi eclatanti come quelli di Banca Marche e Banca Popolare di Bari. 

Il meccanismo comune a tutti questi casi è l’avere taciuto i rischi dell’investimento, avere nascosto la reale situazione finanziaria, l’avere fatto sottoscrivere ai clienti in modo seriale dichiarazioni di non adeguatezza del prodotto e l’avere concentrato il portafoglio del cliente in titoli dell’emittente/intermediario.

La decisione 

 l’ACF con decisione n. 5794 del 25 agosto 2022 ha condannato la Banca Popolare di Bari a risarcire il ricorrente dell’intera somma investita nelle azioni illiquide emesse dall’istituto bancario.

Così motiva il Collegio ACF.

“È fondata la prima censura, sulla profilatura delle azioni emesse dalla Banca. Il fatto che l’Intermediario abbia riconosciuto ai propri titoli azionari un profilo di “rischio medio” al momento delle operazioni d’investimento oggetto del presente ricorso è stato già oggetto di esame critico da parte del Collegio, che ha rilevato che una tale valutazione “non può che suscitare quantomeno forti perplessità in termini di ragionevolezza, non solo in considerazione del fatto che trattavasi, comunque, di capitale di rischio ma, e soprattutto, per la loro natura di strumenti illiquidi, che in quanto tali espongono il risparmiatore non solo al rischio di possibile perdita prospettica dell’intero capitale investito ma anche a quello ben più concreto di trovarsi nella condizione di non poter liquidare l’investimento in tempi ragionevoli. Il che, a ben vedere, è ciò che è accaduto nel caso di specie” (ex multis, Decisione n. 2342 del 20 marzo 2020). 4. È inoltre fondata la seconda censura, concernente l’inadempimento degli obblighi informativi. Precisamente, è palese l’inidoneità della documentazione consegnata ad adempiere gli obblighi informativi. In generale, l’Intermediario non ha provato di aver assolto i propri obblighi informativi, se non in modo meramente formalistico. In casi analoghi, il Collegio ha ritenuto che la formale sottoscrizione di dichiarazioni attestanti la presa visione di documentazione informativa predisposta dall’emittente è insufficiente a far ritenere adeguatamente assolti gli obblighi informativi gravanti sull’Intermediario collocatore. Il Collegio già ha avuto modo di esprimersi nel senso che “la mera pubblicazione e messa a disposizione di un prospetto di offerta non è sufficiente a far ritenere che siano correttamente adempiuti gli (ulteriori e finalisticamente differenziati) obblighi di informazione che l’intermediario, in quanto tale, è tenuto ad osservare nei confronti della clientela” in quanto “l’intermediario (ancorché anche emittente) che fornisce un servizio di investimento […] non può all’evidenza limitarsi ad informare la clientela della circostanza che è stato pubblicato un prospetto informativo e che tale prospetto è disponibile per gli interessati” (Il Collegio, in linea con un proprio costante orientamento, si è espresso in tal senso nella Decisione n. 2454 del 10 aprile 2020 ). 5. Vero è che la Banca convenuta ha richiamato precedenti Decisioni del Collegio per sostenere che la pregressa operatività di parte Ricorrente avrebbe reso ininfluente un corretto adempimento degli obblighi informativi ai fini della conclusione delle operazioni d’investimento oggetto di contestazione. E tuttavia, in proposito può utilmente richiamarsi quanto argomentato in replica da parte di questo Collegio, nei termini di seguito riportati: “Né coglie nel segno l’eccezione del resistente laddove ritiene non configurabile nel caso di specie il nesso di causalità, stante l’intensa operatività nel tempo del ricorrente sui titoli di che trattasi, all’uopo richiamando anche talune decisioni di questo tenore assunte dal Collegio. A questo proposito, va, infatti, osservato che il caso oggi in esame si discosta significativamente dai precedenti evocati, per il fatto che quel che è l’elemento centrale delle doglianze di parte attorea in questo caso è il non aver potuto contare su un set informativo veritiero e corretto, che desse conto della situazione dei titoli di che trattasi, anzitutto per quanto attiene al loro grado di liquidabilità effettiva nel tempo, il che ha generato un affidamento da parte del cliente in ordine alla possibilità di porre in essere eventuali dismissioni, parziali o totali, che si è rivelato ex post irrealistico e che ha prodotto, anzi, l’immobilizzazione di parte cospicua degli investimenti del cliente. E questo è profilo tutt’altro che secondario ove si consideri anche l’ulteriore effetto di concentrazione del portafoglio del cliente in titoli dello stesso intermediario/emittente, per un controvalore per l’appunto estremamente significativo” (Decisione n. 3690 del 29 aprile 2021).”

Questa decisione dell’ACF riporta, seppure riassunte in modo sintetico, le stesse motivazioni che ritroviamo nelle sentenze contro la Banca Popolare di Bari (cfr. tra le tante sentenza Tribunale di Bari del 15.4.2021 e ordinanza del 13.9.2021 Tribunale di Brindisi). 

Cosa fare

L’onda giudiziaria che si è abbattuta sulla Banca Popolare di Bari è talmente consolidata che è difficile pensare ad un’inversione di rotta. Gli investitori possono adire l’autorità giudiziaria ordinaria e ottenere l’integrale risarcimento del danno previo espletamento del tentativo di mediazione obbligatoria. 

Purtroppo la Banca Popolare di Bari si rifiuta di eseguire le decisioni dell’ACF (e dunque di pagare) rendendo inutile rivolgersi a tale Organismo che garantirebbe un risparmio di costi rispetto ad un processo.

pubblicato il
12 settembre 2022

di Diomede Pantaleoni