Il caso Roberto Diomedi. Spunti di riflessione

Il caso Roberto Diomedi. Spunti di riflessione

Truffati migliaia di investitori attraverso lo “schema Ponzi”.

Premessa

È di ieri la notizia dell’arresto in Sardegna di Roberto Diomedi che avrebbe truffato migliaia di investitori attraverso lo “schema Ponzi”. Attratti dagli alti interessi promessi hanno affidato ingenti somme al Diomedi. Inizialmente venivano distribuiti gli interessi promessi con le somme generate dai versamenti di nuovi sottoscrittori. Come sempre accade in questi casi il meccanismo si è inceppato quando il capitale richiesto in restituzione dai vecchi clienti che intendevano svincolare il proprio investimento è divenuto superiore agli incassi generati dai nuovi clienti.

I soldi investiti probabilmente saranno in gran parte persi per sempre. In casi come questi gli organizzatori della truffa tendono a dilapidare i guadagni e comunque si premurano di indirizzare il danaro in conti correnti offshore.

La vicenda del Roberto Diomedi è particolare perché era stata costruita una falsa apparenza in modo molto professionale avvalendosi di collaboratori e di location altamente attrattive in località alla moda. Sarebbe stato difficile per chiunque mangiare la foglia e sganciarsi in tempo.

Casistica di Studio

Leggo questa notizia e mi tornano alla mente i visi dei clienti che negli anni mi hanno chiesto aiuto dopo che hanno assistito alla scomparsa di somme più o meno cospicue affidate, a volte incautamente, a sedicenti promotori finanziari.

Utilizzo il termine incautamente perché non voglio oggi affrontare il caso degli investimenti effettuati attraverso intermediari autorizzati che hanno generato una perdita. Può succedere ed a volte la colpa non è di nessuno: l’affare è andato male.

Mi riferisco alla serie infinita di soggetti che affidano i propri risparmi a persone prive di autorizzazione all’esercizio dell’attività di intermediario ed in violazione di qualunque regola di prudenza.

Il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (D.lgs 58/1998) all’art. 166 punisce con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da euro quattromila a euro diecimila chiunque, senza esservi abilitato, svolge servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio; offre in Italia quote o azioni di OICR; offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento; svolge servizi di comunicazione dati. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede senza essere iscritto nell’apposito albo.

Il reato di abusivismo, previsto dall’art. 166 d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 può concorrere con il reato di truffa punito dall’art. 640 codice penale, stante la sostanziale differenza esistente tra le due fattispecie, in quanto l’abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonché l’interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati; la truffa, invece, è reato di danno, che, per la sua esistenza, richiede l’effettiva lesione del patrimonio del cliente, per effetto di una condotta consistente nell’uso di artifizi o raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele. Principio stabilito recentemente dalla Corte di Cassazione Penale, Sez. V, Sentenza 5 gennaio 2021 n. 155.

Negli anni mi sono occupato dei casi più disparati di abusivismo finanziario e di truffa finanziaria; spesso dove c’era l’uno c’era l’altro.

C’è chi ha consegnato danaro contante al promotore finanziario, anche decine di migliaia di euro alla volta e in più occasioni, senza firmare alcun modulo o contratto. Mi è capitato troppo spesso di vedere ricevute di versamento di somme a quattro o cinque zeri su foglietti di carta privi di intestazione. Parlo di danaro contante, a volte prelevato dal proprio conto corrente e consegnato in banconote al sedicente promotore finanziario. Oppure bonifici effettuati sul conto corrente personale dell’intermediario anziché sul conto corrente della società per la quale affermava di lavorare.

La gran parte delle persone che mi è capitato di assistere in queste vicende gestisce perfettamente la propria vita privata e professionale e quando chiedo loro il perché abbiano consegnato con tanta facilità somme ingenti ad un perfetto sconosciuto, non sanno rispondere. Ho maturato la convinzione che i veri truffatori sappiano muovere le corde giuste.

Un caso recentissimo. Una cliente, signora estremamente colta e con notevoli esperienze professionali, si è fatta convincere a sottoscrivere investimenti in opere d’arte (di dubbio valore economico) da un perfetto sconosciuto (che si presentava molto bene, naturalmente). Nell’unico colloquio che hanno avuto l’argomento di discussione non è stato ciò che le voleva vendere ma la comune passione per le opere religiose. Ottenuta tutta l’attenzione della signora, alla fine dell’incontro, durato un’ora e mezzo, nel giro di pochi minuti le ha sottoposto un contratto da firmare e le ha venduto delle opere d’arte attivandole contestualmente un finanziamento del quale non aveva alcuna necessità. Prima di contattarla si era informato a fondo delle sue passioni e sapeva dove potere fare breccia. Una volta carpita la sua fiducia e la stima, è scattata la trappola.

Questo tipo di approccio viene utilizzato anche nelle truffe finanziarie.

Trading online

Un mondo a se è costituito da coloro che investono su false piattaforme di trading online. A fronte della generale serietà delle piattaforme ve ne sono un numero sempre maggiore (e non di rado riferibile agli stessi soggetti) che operano in frode ai risparmiatori (ed alla legge naturalmente).

I siti internet di queste piattaforme truffaldine sono ben confezionati e promettono lauti guadagni spesso con il sistema della leva finanziaria. I clienti vengono attirati perché è possibile investire somme anche molto piccole (poche centinaia di euro). Viene fornito un account dal quale possono monitorare costantemente l’andamento dell’investimento che, guarda un po’, è sempre in crescita. Dopo qualche settimana viene proposto loro di investire una somma ben più alta e non pochi acconsentono, con il miraggio del facile guadagno. Consegnata la somma l’account viene bloccato e il promotore e la società di trading non sono più raggiungibili.

Il meccanismo della truffa (ed anche di quella finanziaria) si basa sull’innata propensione alla fiducia che ci lega l’uno all’altro. Senza la fiducia reciproca non potremmo vivere in società.

In materia di investimenti in valuta mi tornano alla mente i casi di due clienti che, a poca distanza l’uno dall’altro, mi hanno chiesto se, esaminata la documentazione, ritenevo che le somme da loro affidate ad una società di trading online fossero a rischio di restituzione. Gli intermediari non erano più raggiungibili ma sulle piattaforme online il loro account esisteva ancora e presentava un saldo ampiamente positivo. Solo che non veniva restituita la somma investita e neppure i profitti.

In entrambi i casi la piattaforma di trading aveva base a Londra (non era la stessa) e il bonifico delle somme investite era stato effettuato dai due presso una banca in Moldavia in un caso e in Azerbaigian nell’altro.

Entrambi i clienti erano persone istruite e tutt’altro che ingenue.

Dopo avere effettuato un approfondimento ho potuto verificare che l’intermediario cui si erano rivolti non era autorizzato ad operare né in Italia né in Gran Bretagna e la società di trading era una scatola vuota neppure iscritta al registro delle imprese del Regno Unito.

Convocati i clienti ho fornito loro le informazioni dando un parere di impossibilità di recuperare le somme investite. Erano incappati in una truffa. Della quale però vi erano tutti gli indizi: società di trading fittizia, intermediario non autorizzato, richiesta di versamento delle somme in conti correnti di banche poste in Nazioni perlomeno improbabili. Eppure nulla aveva impedito loro di bonificare le somme, il profitto promesso aveva annullato il timore.

Leva finanziaria

Si è rivolto al mio studio un cliente che aveva necessità di fare esaminare un contratto relativo all’affidamento di una somma ad una società di trading online che operava sulle valute, oro e petrolio, attraverso il meccanismo della leva finanziaria.

Aveva già investito una certa somma e chiedeva se vi fossero clausole che potremmo definire vessatorie in previsione di un aumento dell’investimento.

Il contratto era molto snello, una paginetta e mezzo in tutto, clausole chiare scritte in termini comprensibili. Pur non conoscendo la società di trading indicata nel contratto con sede a Londra e quindi non potendo fornire sul momento informazioni più precise, risposi al cliente che il contratto non presentava trabocchetti.

Quella che mi insospettiva era la clausola del rendimento: promettevano un profitto del 3% con punte del 12%. Giornaliero. Inizialmente pensavo di avere letto male e che si trattasse del profitto mensile o semestrale che sarebbe stato comunque molto alto. Ed invece si trattava del rendimento giornaliero.

Fatti due rapidi conti il capitale investito si sarebbe potuto raddoppiare ogni mese. Di fronte a questo rendimento mostrai il mio più aperto scetticismo al cliente. Questi allora mi mostrò attraverso il suo smartphone l’account che gli avevano aperto sul sito della società di trading dove erano indicate le performance ottenute. In poco più di due mesi il capitale si era quasi triplicato.

Gli manifestai la mia incredulità rispetto ai guadagni indicati ma il cliente non voleva sentire ragioni, i dati che mi aveva mostrato non potevano che confermare il forte guadagno. Mi spiegò che veniva utilizzato il meccanismo della leva finanziaria 1/1000 e che, dunque, un simile guadagno era possibile.

Gli chiesi di fornirmi il nome dell’intermediario e la sua mail e di concedermi qualche giorno per fare le dovute ricerche.

L’intermediario si qualificava online come un finanziare Italo/Svizzero abituato a gestire patrimoni di tutto rispetto.

Sennonché la stessa mail del presunto finanziere era utilizzata anche da un suo omonimo per reclamizzare su internet la vendita di ottimo pellet per stufe.

Ho convocato il cliente per informarlo che era incappato in un truffatore. Ha tentato di ottenere il rimborso delle somme investite ma il danaro era finito chissà dove e l’intermediario si era volatilizzato. Per sua fortuna non gli aveva consegnato ulteriore danaro perché prima di farlo aveva, a ragion veduta, contattato un legale per fare delle verifiche.

Conclusioni

Questo scritto, dal contenuto discorsivo rispetto a quelli che usualmente pubblichiamo io e il mio Studio, sarà seguito da altri volti a fare comprendere quali sono gli strumenti a disposizione di tutti per potere, rapidamente e senza timore di insuccesso, verificare se chi ci propone di sottoscrivere un investimento e la società per la quale afferma di lavorare siano autorizzati dalla Consob o dai suoi omologhi esteri. Sapere che chi ci sta di fronte è titolato a farlo non ci mette al riparo da ogni rischio ma può evitarci clamorosi scivoloni.

Se vorrete sapere di un caso famoso di investitori che dopo avere perso i loro risparmi hanno fondato un Comitato affidandone la Presidenza ad un noto truffatore che poi li ha derubati, potete leggere l’articolo “Obbligazionisti Astaldi Spa”.